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SOS carne dal Brasile

Acqui Terme. “È necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute”.

È quanto afferma Coldiretti Alessandria nel commentare positivamente la proposta della Commissione europea di negare l’accesso al mercato UE a quei prodotti come carne e olio di palma che sono ottenuti dalla deforestazione.

A preoccupare sono anche le conseguenze degli accordi di libero scambio che l’Unione Europea sta negoziando con i Paesi del Mercosur di fronte alle devastazioni delle foreste amazzoniche per far spazio alle coltivazioni e all’allevamento per la produzione di carne destinata all’esportazione.

“Tra i paesi europei l’Italia, con oltre 1 milione di tonnellate, è il primo importatore europeo di carne bovina dal Brasile – ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco –. La maggior parte di questa finisce nei prodotti trasformati che alimentano ristoranti, mense, hotel e catering. Da qui la preoccupazione rispetto alle conseguenze degli accordi di libero scambio che l’Unione Europea sta negoziando con i Paesi del Mercosur tra cui, appunto, c’è il Brasile. Tutto questo pesa ancor più su un territorio come il Piemonte che detiene il primato in Italia nella valorizzazione delle carni da razze storiche italiane, con la razza Piemontese, e la zootecnia riveste un ruolo di grande importanza per il tessuto economico regionale, ora messa in crisi dai rincari delle materie prime, dagli aumenti dei costi di trasporto e dalle speculazioni lungo la filiera”.

Perciò la proposta di regolamento, che sarà pubblicata dalla Commissione europea, rappresenta un primo passo nella giusta direzione per avvicinare sempre più gli standard produttivi dei prodotti importati a quelli sempre più stringenti europei.

“Auspichiamo – ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo – che questo sia solo un primo tassello in un disegno più complessivo di eliminazione del dumping non solo ambientale ma anche sociale che mette a rischio la competitività delle imprese agricole europee esposte alla concorrenza sleale per quanto riguarda norme ambientali e diritti dei lavoratori”.

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