Incontri di Avvento
Nel salone di san Francesco si è svolto il 2° incontro di Avvento, organizzato dalla Comunità Pastorale san Guido in collaborazione con l’AC interparrocchiale, dedicato al tema dell’accoglienza.
Pubblichiamo la sintesi del 2° incontro
“Voce di uno che grida nel deserto”
Riportiamo la sintesi del commento al Vangelo di Matteo (3,1-12) svolto da Barbara Grillo, presidente diocesana di AC, in occasione del secondo incontro di Avvento.
Il brano di Vangelo che abbiamo ascoltato ci interpella subito con un’esortazione alla
conversione! Giovanni annuncia la venuta del regno dei cieli; un evento per il quale egli ci dice che occorre essere preparati, è necessario convertirsi attraverso il Battesimo nel Giordano.
Quindi possiamo dire che, in maniera piuttosto perentoria, indica la strada da percorrere,
la preparazione da intraprendere per incontrare il Signore Gesù che viene nel mondo.
Conversione però non è soltanto “farsi cristiani” attraverso il Battesimo, altrimenti a noi questo annuncio di Giovanni non avrebbe nulla da dire. La conversione che ci viene richiesta è quella del cuore, è quella che ci chiama a vivere da laici radicati nel Battesimo,
che ci fa assaporare la consapevole bellezza di appartenere alla Chiesa e intraprendere con impegno e serietà un cammino formativo personale e comunitario, che allo stesso tempo però sia anche missionario.
Questo significa che il Battesimo ci chiama tutti a vivere per gli altri, a uscire da noi stessi, perché ci fa Figli di Dio e fratelli tra di noi. E’ una chiamata al servizio missionario verso gli altri, nella consapevolezza che la nostra vita raggiunge la sua pienezza quando si trasforma in offerta. Ma per “essere per gli altri”, occorre che innanzitutto ritorniamo continuamente (conversione) a ritrovare il cuore della vita cristiana: riconoscere il Signore Gesù come centro della vita di fede e della Chiesa. Per questo i nostri percorsi formativi vogliono annunciare e far sperimentare la bellezza di una vita vissuta con Lui e di Lui.
Significa concentrare l’annuncio sull’essenziale, non certo per sminuire il messaggio, ma per riconoscere quante cose superflue, anche nella nostra vita cristiana, offuscano la bellezza del messaggio evangelico.
Nel severo richiamo che Giovanni fa ai farisei nella parte centrale del brano, egli mette in luce non solo la loro ipocrisia, ma anche il loro sentirsi superiori agli altri (“abbiamo Abramo per Padre”). Il richiamo è certamente estendibile a ciascuno di noi: quante volte ci
pensiamo “migliori” degli altri perché siamo cristiani, siamo più o meno praticanti e poi nelle nostre comunità ci accontentiamo di una vita cristiana ridotta ai minimi termini e ci sentiamo comunque a posto così? Giovanni dice ai farisei: “Fate dunque un frutto degno della conversione”. Giovanni invita a portare frutto; è lo stesso invito che Gesù rivolgerà ai discepoli attraverso la narrazione della parabola della vite e dei tralci: “chi rimane in me porta molto frutto”. Gesù non ci chiede di aderire a una qualche dottrina; è venuto per insegnarci a gustare il sapore della gioia (il gusto di vivere) e ad essere fecondi, a portare il frutto della speranza (Resurrezione). Seguire la strada del Vangelo vuol dire ricordarsi che c’è bisogno di frutti, cioè di gesti concreti che diano sapore alla vita.