Diocesi

Apertura dell’anno pastorale a Cristo Redentore

Si è tenuta sabato scorso 15 ottobre a Cristo Redentore, l’apertura dell’anno pastorale.

Un incontro che ha coinvolto senza annoiare (a detta dei presenti) dai ragazzi di 14 anni arrivati da Nizza (più di uno ha anche fatto un intervento al microfono e lasciato un biglietto con un pensiero “ecclesiale” sopra) come i/le religiosi/e, i preti e gli adulti che intervenendo si sono anche commossi riconoscendo il bene che la Chiesa ancora oggi fa, ma anche ammettendo che al mattino non c’era molto entusiasmo quando alzandosi si doveva partire per andare a un incontro diocesano. Così come gli ultraottantenni presenti che hanno subito protestato quando non si sentiva bene il microfono, mostrando una vivacità e un desiderio di capire dove la Chiesa sta andando che non sempre si rintraccia tra gli addetti ai lavori ben meno anziani.

C’era uno spaccato di Chiesa che forse ci rappresentava bene: un giovane (di quelli veri, con solo 19 anni sulle spalle) mi ha detto “non è vero che i giovani non ci sono, ci siamo e stamattina si è visto”. Effettivamente c’erano, a suonare, cantare, ad ascoltare ed intervenire. C’erano perché degli adulti hanno deciso di impiegare il loro tempo per loro, di lasciargli spazio senza scaricargli addosso pesi che non possono portare, di farli sentire partecipi, accompagnarli nel cammino durante l’anno e portarli ad Acqui: non si improvvisa un invito, c’è una relazione che cresce nel tempo per cui poi dei giovanissimi accettano di partire il sabato mattina con te.

Fortunatamente ne è valsa la pena. Obiettivamente quando gli incontri riescono bene sono un vero miracolo, un segno che lo Spirito agisce nel cuore e insieme si trasforma la realtà. È un incontro che si stava preparando da mesi, che poco alla volta ha coinvolto le persone, che gli organizzatori proponevano con entusiasmo pieni di timori sulla capacità di soddisfare le aspettative di chi si appassionava alla proposta. Si è riflettuto sui temi sinodali emersi dal primo anno di ascolto, c’è stata la voglia di fare un servizio che da un lato era il ringraziamento per tutti quelli che hanno lavorato (per le oltre 1.000 persone che si sono riunite in 98 gruppi sinodali), dall’altro era offrire alla Chiesa uno stimolo per ripartire quest’anno e fare un altro passo sinodale per accogliere il Regno che viene.

Le persone erano proprio contente di esserci state, sebbene si siano toccate anche questioni faticose e dolorose del nostro essere Chiesa. Abbiamo avuto la sensazione che ci siamo ancora come comunità di cristiani perché veramente in mezzo a noi il Signore continua la sua azione, come ci ha ricordato il Vescovo concludendo l’incontro. In molti è nato spontaneo il pensiero per i tanti che in quel momento sapevamo essere alle prese con le quotidiane necessità “della base” e quindi non erano lì con noi; coloro che, come le nonne di una volta, stavano a casa a consumarsi nei propri luoghi di appartenenza tenendo tenacemente fede ai loro servizi per la Chiesa e per il mondo. A loro era dedicato il pensiero che da un momento come questo avrebbero potuto avere il refrigerio necessario per continuare a lavorare nel campo della Chiesa con il cuore in alto e non con l’arsura in bocca. L’acqua scarseggia e le labbra sono secche, possiamo sempre nutrirci delle poche gocce di rugiada che il buon Dio non fa mai mancare, ma riuniti insieme in occasioni diocesane, si può ogni tanto fare una bicchierata che dà sollievo e gioia. Ogni tanto, non troppo spesso, non diventando mondani, se no ci sentiamo di nuovo schiacciati dai troppi impegni che rischiano di apparire “vuoti”, ma alcuni sono necessari, aiutano proprio a camminare.

Il pensiero e la preghiera è per tutti, la consapevolezza di essere Popolo in cammino ci deve togliere dalla “logica delle critiche” (il mormorio di sottofondo) per salire su quella della compassione reciproca, “patire insieme” in questo tempo difficile, “patire” come passione, desiderio, senso di incompiutezza per un Regno che pregustiamo ma non c’è ancora, pensando che ogni piccolo impegno tenace e costante, senza resa di fronte al male che ci affascina e ci fa “vivere male”, è la più bella Buona Notizia che teniamo stretta. Come Dio che si è lasciato mettere in croce non per amore del dolore ma per mostrarci che la via di salvezza passa anche dalla croce, una comunità di “folli” non si arrendono e scelgono di continuare a credere che fare il bene è il più bel modo di vivere in questo mondo.

Secondo l’invito del nostro pastore diocesano, don Luigi, riprendendo il profeta Gioele, buoni sogni, buone visioni e buon cammino a tutti.

Flavio Gotta (segretario del CPD)

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