«Ecc.za Rev.ma, 17 anni fa, prima di oltrepassare la soglia di questa cattedrale, Lei baciò la croce di Cristo. Un gesto simbolico. Ma nella Chiesa di Gesù i gesti non sono mai una formalità, diventano sacramenti, perchè realizzano quello che dicono.
In quel gesto di umiltà Lei ha trovato l’unica strada che ogni cristiano è chiamato a percorrere: quella di Gesù sul calvario. E questo, alla fine di una tappa seppur significativa della vita, evita la tentazione di chiederci quanto abbiamo fatto, quanto abbiamo realizzato, quanto abbiamo costruito: il bilancio che siamo chiamati a fare è se abbiamo saputo portare la croce che ci è stata affidata.
La croce è il simbolo più moderno, vitale, giovanile e rivoluzionario del Cristianesimo: significa vicinanza a ogni uomo e donna del nostro tempo, perchè ognuno ha la sua da portare; significa stare dalla parte degli umili e degli ultimi, e Lei ha saputo starci, vicino a tutte le persone semplici che in Lei hanno trovato cordialità e conforto; significa scoprire una ragione di speranza, anche quando i chiodi ti lacerano la pelle. Perchè la croce è sacramento della resurrezione, come Lei più volte ha insegnato.
Io sono qui oggi, a nome di tutto il Popolo di Dio, che è rappresentato dal Consiglio Pastorale Diocesano, un organo che è “lo specchio della responsabilità e della partecipazione del Popolo di Dio alla vita della Chiesa, composto da clero, religiosi e laici”.
E questo Popolo, fatto di coloro che stanno al di qua di questa balaustra e di quelli che stanno al di là, di quelli seduti nelle prime file e di quelli nelle ultime, vuole salutarLa, anzi abbracciarLa, per la vicinanza alla gente che Le è stata affidata, per aver sempre voluto bene a tutti, dando fiducia e libertà a ognuno di noi, come fossimo suoi figli, affinché usassimo la fiducia e la libertà in maniera responsabile ed evangelica.
Grazie per aver seminato in noi il germe della croce di Cristo. Non smetta di continuare a regalarci il suo sorriso, che è uno sguardo di misericordia».