Piemonte

“Carne coltivata”: stop in Europa arriva dopo flop in Usa, fare chiarezza sul nome

Scelta coerente con NO a carne clonata e ormoni. Rispettare il principio di precauzione

Lo stop da parte di buona parte dei Paesi dell’Unione Europea è coerente con il fatto che la UE ha già deciso di vietare gli alimenti prodotti da animali clonati e da oltre 40 anni la carne trattata con ormoni che vengono utilizzati invece nei bioreattori per la produzione di cibi artificiali per i quali si chiede di non usare il termine “carne coltivata”, ritenuto fuorviante anche dal rapporto Fao/Oms che suggerisce di chiamarli “cibi a base cellulare”. Una maggioranza qualificata di Paesi dell’Unione Europea che è pronta a chiedere la “moratoria” sul consumo e la produzione della “carne coltivata” per motivi di tutela della salute, etici, economici e ambientali, in caso di voto.

E’ quanto ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco nel commentare il risultato della discussione del Consiglio Agricoltura e Pesca dell’UE sulle preoccupazioni relative alle produzioni di alimenti in laboratorio.

Hanno infatti garantito supporto alle preoccupazioni contenute nella nota presentata per la discussione Austria (firmatario), Bulgaria, Croazia, Cipro, Francia (firmatario), Grecia, Ungheria, Italia (firmatario), Lituania, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Spagna mentre altri non intervenuti nel corso della discussione avevano garantito supporto scritto (Cechia, Malta e Romania). In caso di eventuale voto questo gruppo di Paesi, senza considerare tra l’altro quelli non intervenuti nel corso della riunione, rappresenterebbe già una maggioranza qualificata (17 paesi e 67,45% della popolazione) sul totale dei 27 dell’Unione.

La Commissaria alla salute e sicurezza alimentare, Stella Kyriakides, peraltro è intervenuta per sottolineare che sono legittime le preoccupazioni espresse da molti paesi sulle questioni sociali, ambientali e etiche, in quanto sono disponibili ancora troppi pochi dati in termini di emissioni, impatti ambientali o prezzi. La Commissione, infatti ha chiesto all’EFSA di aggiornare le linee guida proprio per integrarle con le recenti informazioni scientifiche sui cibi sintetici.

La crescente diffidenza conferma infatti la necessità di rispettare il principio di precauzione di fronte ad una nuova tecnologia con molte incognite che rischia di cambiare la vita delle persone e l’ambiente che ci circonda. Proprio per questo, la sfida che la Coldiretti lancia alle istituzioni europee è che i prodotti in laboratorio nei processi di autorizzazione non vengano equiparati a cibo ma bensì a prodotti a carattere farmaceutico. Queste nuove pratiche includono la produzione di alimenti utilizzando la tecnologia delle cellule staminali con la necessità di evitare rischi per la salute dei consumatori”, ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Bianco.

L’alleanza nata in Europa fa proprie le perplessità sollevate per prima dalla Coldiretti e conferma il ruolo di apripista dell’Italia che è leader mondiale nella qualità e sicurezza alimentare, nelle politiche di tutela della salute dei cittadini. Dopo l’Italia dove è stata approvata una legge sotto la spinta della raccolta di oltre 2 milioni di firme da parte della Coldiretti, la presa di posizione di un numero crescente di Paesi è una risposta all’esigenza di avere analisi di impatto univoche da parte della ricerca pubblica ed evitare di trasformare i cittadini in cavie umane, come per primi abbiamo chiesto.

Nel documento condiviso dalla maggioranza qualificata di paesi si legge che “prima di qualsiasi autorizzazione i Paesi sostenitori chiedono  alla Commissione  di avviare una consultazione pubblica sui cibi a base cellulare” che “non possono mai essere chiamati carne” e pongono “questioni etiche, economiche, sociali e ambientali, nonché sulla nutrizionali e di sicurezza sanitaria” rimettendo in discussione il quadro normativo attuale che risulta inadeguato anche perché queste nuove pratiche includono la produzione di alimenti utilizzando la tecnologia delle cellule staminali con la necessità di evitare rischi per la salute dei consumatori.

La presentazione del documento fa seguito al flop registrato dai cibi a base cellulare negli Stati Uniti dove la rivista tecnologica del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston li ha inseriti tra i più grandi fallimenti scientifici dell’anno in quanto, nonostante il via libera alla commercializzazione ottenuto dalle autorità Usa, non vi sarebbe ancora traccia di prodotti di laboratorio nei supermercati e la produzione su larga scala risulterebbe più problematica del previsto. In particolare, diverse inchieste giornalistiche, a partire da quelle del Wall Street Journal, hanno evidenziato che Upside Food utilizzava molta manodopera, plastica ed energia per produrre pochissimi filamenti di pollo. E non è un caso che nello Stato dell’Arizona sia stata presentata una proposta di legge a livello statale ad inizio gennaio per vietare la vendita e la produzione di prodotti animali a partire da coltura cellulare né per consumo umano, né per quello animale.

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