Dalla Resistenza alla Liberazione. Il contributo dei Cristiani in Italia e nella Diocesi

“Non per rivendicare spazi o meriti, bensì per riconoscere e onorare la memoria di quanti – con rischio e sacrificio personale – hanno contribuito alla liberazione attraverso la partecipazione alla resistenza. E tra questi vi furono molti cattolici, laici, preti e religiosi, di diversa età e condizione. Una memoria di forte attualità perché da quella lotta è scaturita l’Italia democratica, grazie all’incontro e alla collaborazione di diverse idee e persone. Un risultato a cui i cattolici italiani hanno offerto un contributo di grande rilievo”.

Questo il senso complessivo dell’intervento svolto all’incontro del Serra Club di Acqui venerdì 14 aprile, dal prof. Vittorio Rapetti, studioso di storia e componente dell’Azione Cattolica. Il relatore ha sottolineato come occorra combinare le memorie dei protagonisti con la ricerca storiografica, in modo da offrire un quadro corretto delle vicende complesse che agitarono i 18 terribili mesi tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945. Per questo occorre inquadrare la Resistenza in un più ampio contesto storico, anzitutto quello che riguarda il lungo e contrastato percorso di partecipazione civile e politica dei cattolici italiani dall’epoca risorgimentale al primo dopoguerra, con l’esperienza dell’associazionismo sociale ed educativo e con la vicenda del Partito Popolare. La Resistenza – secondo Rapetti – va poi collocata nel lungo periodo che va dalla conquista del potere da parte del Fascismo alla 2ª guerra mondiale: la costruzione della dittatura e il progetto di uno stato totalitario trovarono reazioni contrastanti in campo cattolico, nonostante fossero evidenti nel fascismo i tratti violenti, antidemocratici, razzisti e orientati alla guerra. Ma proprio grazie all’associazionismo religioso (unico a non essere stato soppresso dal Fascismo, grazie alla difficile mediazione della gerarchia) fu possibile una formazione spirituale e la maturazione di un antifascismo che per molti cattolici fu prima morale per poi diventare anche politico e militare. Da qui la partecipazione di molti giovani, provenienti dall’Azione Cattolica, e di tanti preti, religiose e religiose che – in diverse forme di sostegno, aiuto, protezione – diedero il loro apporto alla Resistenza: in Italia, in Piemonte e nella diocesi di Acqui. Sono state ricordate alcune figure ed episodi, tra i molti che hanno riguardato anche il nostro territorio nel periodo resistenziale.

Quindi il relatore ha sottolineato l’importanza della Resistenza e del contributo dei cattolici per la costruzione del “dopo”, a cominciare dall’opera di “disarmo dei cuori” e di superamento della violenza, che aveva segnato profondamente la vita delle persone, allo sviluppo dell’associazionismo politico e sindacale ed al lavoro di elaborazione della nostra Costituzione. Questa è frutto di diverse culture politiche che seppero trovare un equilibrio e con lungimiranza delineare i principi fondamentali della convivenza civile tra gli italiani e nei rapporti con gli altri popoli. Il prof. Rapetti ha quindi sottolineato come nei decenni successivi si sia però registrato un progressivo oblio della Resistenza, specie in campo cattolico, con il rischio di identificare la lotta di liberazione con una sola parte politica, sminuendo così il valore di una lotta di popolo, che va oltre le singole appartenenze. Un rischio che ha finito per alimentare la messa in discussione dell’antifascismo. Le visioni nazionalistiche e razziste stanno purtroppo tornando di attualità ed anche i cattolici devono comprendere come queste visioni siano in aperto contrasto sia con il messaggio cristiano sia con la nostra Costituzione.

O.P.

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