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Grano: crolla del 30% ma il prezzo della pasta aumenta del 18% rispetto al 2022

Alessandria. Aumenta del 18% il prezzo della pasta nell’ultimo anno mentre il grano duro per produrla viene pagato agli agricoltori il 30% in meno nello stesso periodo.

È quanto denuncia Coldiretti Alessandria in occasione della diffusione dei dati Istat sull’inflazione a marzo che, in controtendenza rispetto ad una decelerazione generale, evidenzia una stabilità nella crescita tendenziale dei prezzi dei beni alimentari stabile in media a +12,9%.

La pasta è ottenuta direttamente dalla lavorazione del grano con l’aggiunta della sola acqua: non trovano dunque alcuna giustificazione le divergenze registrate nelle quotazioni, con la forbice dei prezzi che si allarga e mette a rischio i bilanci dei consumatori e quelli degli agricoltori.

Una distorsione che appare chiara anche dall’andamento dei prezzi medi al consumo che secondo l’Osservatorio del Ministero del Made in Italy variano per la pasta da 2,3 euro al chilo di Milano ai 2,2 euro al chilo di Roma, dai 1,85 di Napoli ai 1,49 euro al chilo di Palermo mentre le quotazioni del grano sono pressochè uniformi lungo tutta la Penisola a 38 centesimi di euro al chilo.

“Un’anomalia di mercato sulla quale occorre indagare anche sulla base della nuova normativa sulle pratiche sleali a tutela delle 200mila imprese agricole che coltivano grano. I ricavi non coprono, infatti, i costi sostenuti dalle imprese agricole e mettono a rischio le semine ma anche la sovranità alimentare del Paese – ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco -. In Italia siamo di fronte a manovre speculative con un deciso aumento delle importazioni di grano duro dal Canada dove il grano viene coltivato secondo standard non consentiti in Europa per uso del glifosate nella fase di preraccolta. Occorre, invece, ridurre la dipendenza dall’estero e lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione”.

Le superfici agricole coltivate a frumento duro, secondo le prime previsioni del Masaf per quest’anno, sono in flessione per un investimento di 1,22 milioni ettari con una riduzione di circa il 2% rispetto all’anno precedente. Le difficoltà del mercato dei cereali sono peraltro confermate dalla decisione di Polonia ed Ungheria di bloccare le importazioni di grano dall’Ucraina, contestata dalla Commissione Europea.

Bisogna riattivare da subito la Commissione Unica Nazionale per il grano duro, la cui attività in via sperimentale si è sospesa nell’ottobre del 2022, perché fornisce trasparenza al mercato e dà la possibilità di poter mettere attorno ad un tavolo tutti gli attori della filiera eliminando le distorsioni e i frazionamenti delle borse merci locali.

Importante investire nei progetti di filiera e nella ricerca che, come motore dell’innovazione varietale, deve rispondere non solo alle richieste qualitative del mondo industriale, ma anche alle nuove esigenze produttive e di resilienza verso gli effetti del cambiamento climatico, rispondendo al contempo alle nuove richieste di sostenibilità volute dalla nuova Politica Agricola Comunitaria.

“Come l’accordo di filiera Gran Piemonte per il frumento tenero, lanciato insieme al Consorzio Agrario del Nord Ovest, nel quale rientra la provincia di Alessandria con i suoi oltre 34 mila ettari e più di 2 milioni di quintali di produzione, e tramite il quale ne sono già stati seminati oltre 7 mila ettari a livello regionale, assicurando la sostenibilità della produzione con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto equo, basato sugli effettivi costi sostenuti – ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Bianco -. Con Gran Piemonte viene valorizzato il lavoro dei nostri imprenditori che investono e credono sul territorio per rilanciare il comparto cerealicolo e dare nuovo impulso all’economia territoriale puntando sulla distintività. Sulla scia del Gran Piemonte l’impegno è che si possano stipulare sempre di più accordi di questo tipo per garantire tracciabilità ai consumatori e dare così nuovo impulso all’economia territoriale puntando sulla distintività e sottolineando ulteriormente il valore del comparto agroalimentare e delle filiere tracciabili al 100%”.

A livello nazionale la produzione di pasta è di 3,6 milioni di tonnellate, pari a circa 1/4 di tutta quella mondiale, con 200mila aziende agricole italiane impegnate a fornire grano duro di altissima qualità a una filiera che conta 360 imprese e circa 7500 addetti, per un valore complessivo di circa 5 miliardi di euro.

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