Prima assolta poi condannata a sei anni di reclusione

Ovada. La Corte d’Appello di Torino ha capovolto il verdetto sulla tristissima vicenda che a Capodanno del 2019 vide coinvolti Aurela Perhati, allora di 25 anni e Massimo Garitta, 53.

In un  primo tempo la ragazza albanese era stata assolta dall’accusa di omicidio dal gip del Tribunale di Alessandria e rimandata agli arresti domiciliari.

Quella notte, in un campo alla periferia di Ovada, tra la Statale del Turchino e la massicciata della linea ferroviaria Ovada-Genova, morì Garitta, travolto dall’auto della Berhami. Ma la ragazza fu assolta in primo grado dall’accusa di omicidio perché i suoi due difensori risucirono a sostenere la tesi della legittima difesa dalla violenza sessuale, come certificato dagli esami medici effettuati nel carcere di Vercelli dove la Berhami venne portata dopo l’arresto. Inoltre l’uomo fu trovato la gelida mattina seguente nudo dalla cintola in giù. E la ragazza, in preda al terrore, sarebbe fuggita con la propria auto, travolgendo il Garitta.

A ricondurre gli inquirenti alla ragazza fu il numero di telaio dell’auto rimasto impresso sul giubbotto della vittima.

Ora a fronte del ricorso presentato dal pm alessandrino, i giudici torinesi hanno rivisto il caso e quindi condannato la Berhami a sei anni di reclusione, accusandola di omicidio volontario.

Ora i due legali della ragazza presenteranno ricorso in Cassazione dopo aver letto la motivazione della recentissima sentenza accusatoria. 

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