Il Consorzio dei Vini d’Acqui a “Fattore Comune”, rassegna sul tema delle denominazioni

Acqui Terme. Che cosa hanno in comune la Robiola di Roccaverano dop, l’Acqui docg Rosé, il Brachetto d’Acqui docg, l’olio della Riviera Ligure, la Focaccia di Recco, i salumi del piacentino o lo zafferano dell’Aquila? Sono tutti dop o igp, cioè portatori di una indicazione o denominazione d’origine protetta o controllata in alcuni casi, come il Brachetto d’Acqui, addirittura garantita.

La denominazione è uno dei valori aggiunti del “made in Italy” del gusto a cui fa riferimento il Consorzio dei vini d’Acqui, che tutela Brachetto d’Acqui docg e Acqui docg Rosé oltre al Dolcetto d’Acqui doc e che è stato presente alla rassegna “Fattore Comune” l’11 novembre tra i Comuni di Recco e Sori in Liguria.

Scopo della manifestazione è quello di ragionare, con rappresentanti dei consorzi e delle associazioni di tutela, con esperti, giornalisti e anche istituzioni, sul ruolo delle denominazioni Dop e Igp per le comunità che le detengono.

«È un tema che coinvolge direttamente il territorio piemontese – sottolinea Paolo Ricagno, presidente del Consorzio Vini d’Acqui -. I nostri vini – aggiunge -, insieme alle altre eccellenze agroalimentari, dai formaggi ai salumi, dalle verdure alla frutta alle preparazioni di cucina, sono uno degli strumenti di promozione del territorio più efficaci. È ora che se ne colga appieno la forza e l’utilità, sia in campo nazionale sia, soprattutto, in ambito internazionale».

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