Gli aumenti esorbitanti dei costi di produzione e il calo dei consumi indotto dall’inflazione stanno mettendo in ginocchio la zootecnia piemontese. Se n’è parlato domenica 16 ottobre in occasione del convegno regionale promosso da Cia Asti all’azienda agricola l’Isola della Carne a Isola d’Asti.
Con i vertici di Cia Marco Capra, presidente provinciale e delegato regionale alla zootecnia, Gabriele Carenini alla guida di Cia Piemonte e Gian Piero Ameglio dell’esecutivo si sono confrontati gli esponenti delle principali organizzazioni del settore: Guido Groppo, presidente di Coalvi, Franco Martini, presidente di Asprocarne, Franco Serra e Tiziano Valperga, vice presidente e direttore di Arap, Andrea Rabino presidente di Anaborapi, Massimo Pasciuta presidente dell’Ordine provinciale dei Veterinari e Stefano Massaglia, docente di Economia agraria all’Università di Torino.
La discussione è entrata nel vivo con la testimonianza di Marco Capra, titolare dell’Isola della Carne, simbolo di azienda verticale e “resiliente” che grazie all’impegno di tutta la famiglia riesce a coprire l’intero ciclo produttivo, da pascoli e foraggiere fino al punto vendita che offre anche il servizio consegna a domicilio. “I nostri 200 capi – ha spiegato Marco Capra – sono rigorosamente alimentati secondo i principi della “Filiera corta”, con il sistema dell’allevamento semibrado, la transumanza estiva nei pascoli di alta montagna, l’alimentazione con i cereali prodotti in totale autonomia. Un “ciclo chiuso” che garantisce la totale tracciabilità genetica degli animali in allevamento”. Ma l’impennata dei costi è pesante: “L’estate siccitosa ha ridotto la produzione di fieno del 70%”, ha denunciato Capra.
Le realtà zootecniche che hanno la possibilità e le risorse umane per coprire l’intero percorso, dal pascolo alla tavola, rappresentano tuttavia una nicchia nel contesto delle circa 4000 aziende che allevano razza piemontese. Per la maggior parte degli allevatori le condizioni economiche sono spesso critiche e disincentivanti.
Stefano Massaglia, sulla base di un’analisi dei costi curata per Cia Asti, ha segnalato che, tra il settembre 2021 e lo stesso periodo di quest’anno, i costi energetici sono saliti del 70%, i costi per l’alimentazione dei capi del 15% mentre gli incassi risultano in media in calo del 40 per cento.
<Le aziende, specie se hanno investimenti a debito in corso, rischiano di andare incontro a seri problemi di liquidità – ha commentato – in questa congiuntura negativa, si spera transitoria, il supporto del sistema pubblico e del mondo creditizio è indispensabile per salvare la filiera della razza piemontese che rappresenta una vera eccellenza italiana>.
Il rischio concreto, hanno sottolineato tutti gli intervenuti, è che molti giovani impegnati nella prosecuzione di attività di famiglia non riescano più a ricavare il reddito minimo a fronte di una vita di enormi sacrifici. La filiera della carne piemontese, però, è oggi più unita che mai nella battaglia per l’aumento dei prezzi alla stalla. Un documento condiviso da più sigle sindacali è in fase di definizione e sarà consegnato a breve all’assessore regionale all’Agricoltura e all’Alimentazione Marco Protopapa che ieri si è unito all’assise. Ha assicurato che si farà promotore del documento nel tavolo regionale aperto con la GDO, il piccolo commercio e il comparto della trasformazione perché sia assicurato agli ai produttori di carne di razza piemontese il giusto riconoscimento alla qualità prodotta.
Qualità, è stato sottolineato da più interventi, che la razza piemontese assicura dalla nascita del vitello di razza certificata alla tavola del consumatore attraverso un sistema di tracciabilità che non ha eguali in altre produzioni e arriva a segnalare perfino la tipologia e quantità di farmaci assunti dal singolo capo. Farmaci sempre più sotto controllo – ha osservato Massimo Pasciuta – perché i protocolli di cura sono molto severi e nello stesso tempo molto avanzati tutelare al massimo il benessere animale. Per Franco Martini di Asprocarne esistono margini per incrementare l’allevamento di vitelli (in piccole stalle) da destinare al comparto dell’ingrasso e poi alla Grande distribuzione. Per Guido Groppo, presidente di Coalvi (il Consorzio di tutela della Razza piemontese, primo organismo in Italia ad aver messo a punto un disciplinare di etichettatura volontaria) è fondamentale l’alleanza con il mondo dei consumatori partendo dalla comunicazione della qualità organolettica, ambientale e sociale della razza piemontese, la principale in Italia per numero di capi allevati. “Diversamente dai sistemi intensivi di allevamento, la razza piemontese ha un bassissimo impatto sull’inquinamento perché mangia erba sul territorio, spesso anche in alpeggio, contribuendo alla difesa del territorio. La carbon foot print è pari a zero”, ha rimarcato Tiziano Valperga, direttore di Arap.
Nel messaggio finale Gabriele Carenini ha sottolineato che per Cia Piemonte “gli allevatori sono una risorsa strategica per l’economia regionale, per la qualità del comparto agroalimentare che è sinergico allo sviluppo del turismo. La condivisione d’intenti e di progetti – ha concluso il presidente – è essenziale per incidere sulle politiche pubbliche. Lavoriamo insieme per fare concreti passi avanti sulla tracciabilità e sulla catena del valore, a tutela degli agricoltori, delle loro famiglie e dei consumatori”.
La Razza Piemontese
La Razza Bovina Piemontese è la più importante razza autoctona italiana da carne. Caratterizzata dal manto bianco, viene allevata per oltre il 90% in Piemonte. Gli allevamenti, interamente a gestione familiare, sono più di 4000 con una consistenza totale di oltre 300.000 capi. Nonostante i numeri ridotti, la Razza Piemontese è conosciuta in tutto il mondo grazie alle sue caratteristiche uniche: eleganza, finezza, grande muscolosità e accrescimento (con rese alla macellazione ≥70% dovuto all’ipertrofia muscolare), basso contenuto di colesterolo e tessuto connettivo oltre a un ottimo rapporto fra acidi grassi saturi ed insaturi (il rapporto di circa 1:3 a favore degli ultimi). La grande presenza di omega-3 e omega-6 collocano la carne di questa razza tra quelle più salubri.