Asti. Dopo la “guerra” persa al vino ora l’Unione Europea vuole cancellare anche la promozione di carne e salumi colpendo un settore da primato del Made in Italy agroalimentare.
È quanto denuncia la Coldiretti nel riferire che il Consiglio UE Agricoltura e Pesca dei 27 Paesi ha posto all’ordine del giorno la presentazione e discussione di un documento congiunto sulla politica di promozione europea di Austria, Belgio, Bulgaria, Ungheria, Irlanda, Italia Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Spagna e Ungheria.
L’Italia sotto la spinta della Coldiretti anima il fronte europeo di 12 Paesi che si oppongono alla revisione dei prodotti ammessi alla promozione dell’UE da parte della Commissione europea che punta all’esclusione di alcuni settori come appunto la carne, i salumi ed il vino, considerati pericolosi per la salute.
“La demonizzazione di bistecche, braciole, prosciutti, salami, mortadelle che hanno dietro milioni di lavoratori europei, coincide in maniera evidente con la propaganda del passaggio a una dieta unica mondiale, dove il cibo sintetico si candida a sostituire quello naturale. Non lo possiamo accettare – sottolinea Marco Reggio presidente Coldiretti Asti. Si tratta infatti di una profonda contraddizione che colpisce le piccole tipicità tradizionali che hanno bisogno di sostegni per farsi conoscere sul mercato e che rischiano invece di essere condannate all’estinzione, mentre la carne Frankenstein, ottenuta in laboratorio da cellule in vitro, è stata beneficiata da ingenti risorse pubbliche concesse dalla stessa Unione Europea a favore di aziende private”.
“Dietro il business della carne in provetta si nascondono rilevanti interessi economici e speculazioni internazionali dirette a sconvolgere il sistema agroalimentare mondiale e a minare le basi della dieta mediterranea che l’Unione Europea a parole difende”. – sottolinea Diego Furia direttore Coldiretti Asti.
“Il giusto impegno della Commissione Europea per tutelare la salute dei cittadini non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate. – concludono Reggio e Furia – L’equilibrio nutrizionale va, infatti, ricercato tra i diversi cibi consumati nella dieta giornaliera e non certo condannando lo specifico prodotto”.