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Gli alessandrini identificano il cibo sostenibile con quello tipicamente Made in Italy

L’88% degli alessandrini è disposto a pagare di più per il cibo sostenibile che non inquina, prodotto con logica da economia circolare, l’83% lo farebbe per avere prodotti tracciabili e il 73% per acquistare una specialità proveniente da un determinato territorio.

È quanto emerge dal primo Rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari degli italiani nel post Covid presentato in occasione del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato dalla Coldiretti con la collaborazione dello studio The European House – Ambrosetti.

“Nonostante campagne di marketing aggressive che cercano di far passare come green alimenti ipertecnologici, in tempo di pandemia gli alessandrini continuano ad identificare il cibo sostenibile con quello tipicamente made in Italy – ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco -. Non a caso, nella scelta degli acquisti la social reputation delle aziende produttrici è importante per il 90% dei consumatori, e per il 50% di questi decisiva, con la componente essenziale della buona reputazione che viene identificata nella sua territorialità”.

“E il legame con un determinato territorio si lega inestricabilmente alla tutela della salute, ovvero all’idea che certi cibi, per modalità con cui sono prodotti e distribuiti oltre che per caratteristiche organolettiche, sono più funzionali alla buona salute – ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo -. La tipicità territoriale non è un sovranismo a più bassa intensità, ma è la modalità molto pragmatica attraverso cui gli italiani riconoscono il cibo buono, sicuro, salutare, rispettoso di codici etici e di tutela ambientale”.

È così che la pandemia ha spinto oltre otto alessandrini su dieci (82%) a mangiare solo quel che conosce, cercando informazioni sulle caratteristiche degli alimenti da portare in tavola e verificando attentamente gli ingredienti in etichetta.

“Il Covid ha segnato profondamente anche le scelte a tavola  – ha proseguito Bianco – per cui i cittadini sono sempre a caccia delle informazioni che rendono possibile per un determinato prodotto alimentare avere trasparenza su provenienze e connotati dei processi produttivi e distributivi. Abitudini ormai entrate nel quotidiano della grande maggioranza degli italiani, con valori che restano trasversali ad età, condizioni di reddito e titolo di studio”.

Non a caso il 62% dei consumatori si dichiara disposto a pagare fino al 10% in più del prezzo pur di garantirsi la tracciabilità di quanto porta in tavola, mentre il 21% pagherebbe anche oltre il 10% in più, secondo Coldiretti/Censis.

La trasparenza, assicurata soprattutto dall’origine in etichetta, è cercata per avere la certezza di portare in tavola cibo made in Italy. La dieta italiana è, infatti, sinonimo di cibo salutare: una verità elementare confermatissima anche nel dopo pandemia.

Infatti, l’81% è molto attento alle conseguenze che cibi e bevande hanno sulla sua salute e l’85% cerca di mangiare secondo la buona dieta tricolore (pasta, olio d’oliva ecc.).

Al netto dei cambiamenti avvenuti durante i periodi più difficili della pandemia, secondo il rapporto Coldiretti/Censis le abitudini alimentari degli italiani, nel breve come nel medio lungo periodo, si svolgeranno dunque nei binari del modello alimentare tipicamente italiano: infatti, i trend prevalenti dicono senza ambiguità che i suoi pilastri costitutivi sono usciti rinforzati dalla tremenda esperienza pandemica.

“L’agroalimentare Made in Italy anche nella pandemia ha dimostrato la capacità di guardare al futuro – ha concluso Rampazzo – . Dalla transizione ecologica a quella digitale, siamo consapevoli del ruolo e della responsabilità che ogni agricoltore ha davanti a sé per soddisfare la domanda di trasparenza, qualità e legame con territorio che viene dalla società”.

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