Asti. I Carabinieri di Asti intervengono per un allarme poi risultato infondato. La cronaca dell’ultimo anno registra sempre più episodi di giovanissimi anche minori di 14 anni che, aderendo alle sfide più disparate che si rinvengono sui social, compiono gesti talvolta anche sfociati in dramma.
Nella nottata di venerdì 19 marzo un nuovo episodio, conclusosi senza conseguenze negative, ma che offre un nuovo spunto sulle modalità di esternazione del disagio dei più giovani, ancor più aggravata dalla crisi pandemica e dalla chiusura delle scuole di ogni ordine e grado.
Sono le ore 21 quando giunge sul numero di emergenza 112 una telefonata in cui l’interlocutore, con voce flebile e in tenera età, pronuncia le parole “Aiuto mi stanno ammazzando”, subito dopo cade la linea.
L’immediata attivazione da parte del Nucleo Investivo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Asti delle procedure di emergenza volte alla localizzazione dell’utenza cellulare da cui proveniva la telefonata permetteva di individuare l’utente, residente nel comune di Villanova d’Asti. Subito venivano inviati tre equipaggi con i dispositivi di emergenza necessari per il potenziale alto rischio della situazione segnalata.
Una volta giunti ed entrati nell’abitazione, i militari parlavano con l’intestataria dell’utenza localizzata e si chiarivano i contorni della vicenda. La donna di origine marocchina, madre di due bambine, del tutto ignara si accorgeva che il suo telefono era stato usato dalla figlia 12enne che, a suo dire, stava partecipando ad una nuova sfida sul social You Tube lanciato in Francia che invita i partecipanti ad effettuare chiamate al 112 e dire la frase “Aiuto mi stanno ammazzando” ed interrompere subito la chiamata. Il tutto poi viene filmato, in alcuni casi non escludendo la ripresa dell’arrivo delle forze dell’ordine, e riversato in rete. La prima ricostruzione dei militari intervenuti permetteva di verificare nella cronologia del social un link francese che richiama il fenomeno ora in esame.
Un’occasione per invitare ancora una volta i genitori a controllare sempre l’accesso in rete dei più giovani, inconsapevoli delle potenziali conseguenze sia per la loro incolumità che per quella di coloro che siano chiamati ad intervenire per questi prospettati e poi infondati pericoli.
La vicenda è stata poi relazionata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Torino.