Valle Stura

La questione Tariné arriva al Ministero della Transizione Ecologica

Tiglieto. Mentre la petizione on line per chiedere alla Regione Liguria di ritirare il decreto che autorizza le indagini nell’area del Tarinè ha ormai superato le 24.000 firme e da più parti rappresentanti della società civile, dell’associazionismo e della politica, insieme ai Sindaci e alle comunità locali, fanno sentire il loro forte dissenso verso la prospettiva di un vero e proprio scempio dell’area protetta del Parco del Beigua, anche dal Ministero della Transizione Ecologica arrivano richieste di chiarimento.

A seguito di una segnalazione della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO e alle notizie riportate dalla stampa, la Direzione Generale per il Patrimonio Naturalistico ha inviato una nota al Presidente del Parco per capire se tali operazioni minerarie preliminari ricadano all’interno dei confini del Geoparco, o se comunque interessino in modo diretto o indiretto valori naturali del sito, caratteristiche e requisiti sulla cui base l’area protetta è stata riconosciuta sul piano internazionale. Sottintendendo con ciò il rischio di perdere il riconoscimento di UNESCO Global Geopark, ottenuto dal Parco del Beigua nel 2015.

Nella nota di risposta al Ministero, l’Ente Parco ha ricostruito la vicenda, da quando negli anni ’70 venne certificata la presenza di un giacimento di rutilo in roccia e rilasciata la prima concessione mineraria nell’area del Monte Tarinè, oggi ricompreso nel Parco Naturale Regionale del Beigua e conseguentemente nel Geoparco UNESCO. In seguito, sono state vietate ulteriori concessioni di ricerca mineraria e nel 2015 il Settore attività estrattive della Regione Liguria ha negato un nuovo studio dell’area in oggetto nell’ambito di un procedimento di V.I.A., poi contestato dalla Compagnia Europea del Titanio che ne aveva fatto richiesta. Ancora oggi tale provvedimento, dopo un’espressione positiva per gli enti pubblici del TAR Liguria nel febbraio 2020, è oggetto di ricorso presso il Consiglio di Stato da parte della società privata.

Nell’agosto 2020 la stessa società ha riformulato la richiesta di “permesso di ricerca per materiali solidi (titanio, granato e minerali associati) sulla terraferma per l’area del Monte Antenne” – adiacente al Monte Tarinè e sempre ricompreso nel Parco e nel Geoparco – prima con una richiesta di VIA nazionale, che ha avuto come esito l’archiviazione, poi con un’istanza alla Regione Liguria, che ha attivato una conferenza dei servizi.

In tale procedimento l’Ente Parco del Beigua e i Comuni di Sassello e Urbe, su cui ricadono i 458 ha interessati, hanno argomentato con fermezza la loro contrarietà, avanzando motivazioni tecniche e  richiamando la stessa sentenza del TAR Liguria, laddove ha dichiarato che  “La sottoposizione dell’area sulla quale si dovrebbe svolgere la ricerca mineraria a molteplici vincoli paesaggistici e ambientali è di tale pervasività che non residua nessuno spazio per intraprendere un’attività di ricerca che, non essendo compiuta da un istituto scientifico ma da un’azienda estrattiva avrebbe avuto, come fine ultimo, l’estrazione di minerali, attività certamente vietata dalle norme a tutela del Parco Regionale del Beigua che costituisce, per circa il 50%, l’area interessata alla concessione”.

L’esito del procedimento è avvenuto con l’approvazione della Determina del Dirigente del Settore tutela del paesaggio, demanio marittimo e attività estrattive nel febbraio 2021, che conferisce alla Compagnia Europea per il Titanio – C.E.T. S.r.l. un permesso di anni 3  per “effettuare indagini preliminari finalizzate a valutare la distribuzione (areale e superficiale), nonché a definire le concentrazioni delle mineralizzazioni di rutilo presenti” limitatamente ad un’area di estensione di 229 ha esterna al territorio del Parco del Beigua. Nei fatti il permesso di ricerca interessa anche 46 ettari della Zona Speciale di Conservazione IT1331402 “ Beigua – Monte Dente – Gargassa – Pavaglione” e 50 ettari ulteriori di Geoparco in Comune di Sassello, aree in cui vige la stessa incompatibilità di attività estrattive del Parco; inoltre  le indagini superficiali, da condursi solo lungo i sentieri e con l’uso di strumenti portatili XRF, non sembrano poter aggiungere nuovi elementi a quanto già è ampiamente noto e documentato sull’area, come riporta anche la già citata sentenza del TAR

Questa parziale apertura configura dunque scenari preoccupanti, sia perché contraria alla  strategia di sviluppo sostenibile avviata ormai da decenni nel comprensorio del Geoparco, sia per le gravissime ripercussioni  che potrebbe avere  nei confronti della salute dei cittadini e dell’integrità ambientale dell’area qualora si pensasse ad uno sfruttamento di tale giacimento, che si realizzerebbe in forma di miniera a cielo aperto, un immenso scavo che genererebbe un’enorme produzione di materiali di scarto, anche amiantiferi, che si accumulerebbero in discariche nell’area mineraria stessa o in aree limitrofe.

L’Ente Parco, insieme ai Comuni di Sassello e Urbe e con il pieno appoggio della Comunità del Parco, dei Comuni del distretto di promozione turistica “Riviera e Parco del Beigua” e delle Associazioni locali con cui collabora, ricorrerà in giudizio contro questo provvedimento per confermare il suo totale diniego a qualsiasi forma di sfruttamento minerario del comprensorio del Geoparco. Le ragioni economiche non possono giustificare un sacrificio così grande per l’intero territorio, che segnerebbe la fine dell’area protetta, con ricadute negative su tutto il comprensorio che sullo sviluppo sostenibile ha investito energie e impegno, raccogliendo anno dopo anno, conferme e apprezzamenti sia nel settore turistico sia nel settore agroalimentare.      

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