Acqui Terme. Con l’avanzare della pandemia vola il prezzo del grano che fa registrare un aumento del 16% nell’ultimo mese sconvolgendo il mercato dei prodotti agricoli.
Gli effetti del Covid si trasferiscono, dunque, dai mercati finanziari a quelli dei metalli preziosi come l’oro fino alle produzioni agricole la cui disponibilità è diventata strategica con l’incertezza sugli effetti della nuova ondata di contagi.
L’andamento del cereale per uso umano più consumato nei paesi occidentali si riflette a livello mondiale nei diversi continenti ed anche in Italia dove le quotazioni del grano duro per la pasta sono aumentate nell’ultimo anno di quasi il 20% per raggiungere un valore di 28 centesimi al chilo secondo l’analisi della Coldiretti sui dati della Granaria di Milano.
In controtendenza alle difficoltà dell’economia globale, la corsa a beni essenziali sta facendo aumentare le quotazioni delle materie prime agricole necessarie per garantire l’alimentazione delle popolazione in uno scenario di riduzione degli scambi commerciali e di cali produttivi dovuti all’andamento climatico ma anche per effetto del boom di richieste di alimenti non deperibili, nutrienti e di facile consumo per effetto delle misure di confinamento della popolazione nelle case per sconfiggere il virus.
“L’aumento delle quotazioni conferma che l’allarme globale provocato dal Coronavirus ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza – afferma il Presidente di Coldiretti Alessandria Mauro Bianco – In uno scenario di questo tipo l’Italia, che è il Paese con più controlli e maggiore sostenibilità, ne potrà trarre certamente beneficio ma occorre invertire la tendenza del passato a sottovalutare il potenziale agricolo nazionale. Ci sono le condizioni per rispondere alla domanda dei consumatori ed investire sull’agricoltura nazionale che è in grado di offrire produzione di qualità realizzando rapporti di filiera virtuosi con accordi che valorizzino i primati del Made in Italy e garantiscano la sostenibilità della produzione in Italia con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti”.
Il grano resta la coltivazione più diffusa in Italia (1,23 milioni di ettari seminati nel 2020 con una produzione attorno ai 3,76 miliardi di chili, con la dipendenza dall’estero che si è ridotta al 25%) e la produzione potrebbe notevolmente aumentare per puntare anche all’autosufficienza con un’adeguata remunerazione della produzione nelle aree interne dove sarebbe importante per combattere lo spopolamento e degrado ambientale.
“Una buona notizia per una provincia come quella alessandrina a forte vocazione cerealicola, frumento tenero in particolare – aggiunge il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo – dove sono circa 34.000 gli ettari coltivati per una produzione media di 2,5 milioni di quintali. Ricordiamo che oggi in Italia gli agricoltori devono vendere ben 5 chili di grano tenero per potersi pagare un caffè e per questo nell’ultimo decennio è scomparso un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati ed effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente”.
Proprio alla luce di queste speculazioni acquisiscono ulteriore valore gli accordi di filiera come quello realizzato insieme al Cap Nord Ovest per il frumento tenero Gran Piemonte. Purtroppo, la situazione del grano italiano, stretto tra speculazioni di filiera e importazioni selvagge, è la punta dell’iceberg delle difficoltà che deve affrontare l’agricoltura italiana. Per questo vanno incentivati progetti virtuosi che garantiscono una prospettiva di reddito a medio-lungo periodo alle nostre imprese cerealicole oltre alla tracciabilità e sicurezza alimentare ai consumatori.
“Con Gran Piemonte viene valorizzato il lavoro degli imprenditori che investono e credono nel territorio alessandrino per rilanciare il comparto cerealicolo e dare nuovo impulso all’economia territoriale puntando sulla distintività”, concludono Bianco e Rampazzo.