28° Capitolo Generale dei salesiani
“Dire salesiano oggi dovrebbe essere lo stesso che dire uomo consacrato di fede profonda; dire salesiano oggi dovrebbe essere lo stesso che dire passione apostolica per i giovani”. Sono le espressioni che il rettore maggiore dei salesiani, don Ángel Fernández Artime ha rimarcato alla conclusione del suo discorso di apertura del 28° Capitolo Generale della congregazione di sabato scorso al Teatro Don Bosco di Valcocco a Torino.
Alla presenza di 242 ispettori e delegati dai 134 Paesi dove i Figli di Don Bosco sono attivi, dei rappresentanti di una buona parte dei gruppi appartenenti alla famiglia salesiana, di 2 vescovi e di 4 cardinali di matrice salesiana, don Artime ha ricordato l’obiettivo di questo raduno mondiale: trovare una risposta comune alla domanda: «Quali Salesiani per i giovani di oggi?». Questione non banale con risposta non scontata se si considerano il cambiamento della condizione giovanile degli ultimi anni e l’ampiezza di situazioni che si presentano nei diversi Paesi.
“Il mondo nel quale viviamo in questo XXI secolo, caratterizzato dalla diversità delle culture e dei contesti” ha detto il rettor maggiore “ha bisogno, e possiamo dire che si aspetta, di incontrare salesiani consacrati-apostoli preparati e disposti a vivere la propria vita con la mente e il cuore di don Bosco. Salesiani capaci di continuare a donare la vita per i giovani del mondo di oggi, con i loro linguaggi, le loro visioni e i loro interessi. Senza dubbio molti di questi adolescenti e giovani si trovano nelle case salesiane, mentre molti altri frequentano altri cortili: siamo salesiani anche per loro”.
Missioni Don Bosco, con la sua partecipazione ai progetti che concretizzano – talvolta in maniera sperimentale – queste indicazioni, vede confermata l’utilità degli sforzi dei missionari, e dei benefattori, che li sostengono rivolti ai ragazzi di strada e alle bambine prostituite in Sierra Leone, agli schiavi delle miniere in Congo o delle fabbriche di sigarette in India, ai bambini ex soldato in Sud Sudan o in Colombia, fra i profughi in Uganda o in Etiopia, fra i migranti dal Ghana o dal Venezuela, ai sottoposti a minaccia continua di guerra in Siria o in Ucraina. “Dare l’assoluto primato alla missione salesiana con i giovani di oggi, e tra loro dando la priorità ai più bisognosi, ai più poveri e abbandonati” ha sottolineato ancora don Artime, e i confratelli impegnati nelle frontiere del mondo lo rendono attuale ogni giorno.
Sessantadue anni dopo che il capitolo generale si era svolto per l’ultima volta a Torino, il ritorno nel luogo “là dove tutto è iniziato” non ha solo il valore di un ritorno esplicito alle radici ma anche quello di un profondo aggiornamento del carisma.
Come tutti i carismi, anche quello salesiano è a vantaggio della comunità di fede ma inevitabilmente fa ricadere sulla società tutta i suoi effetti benefici. Lo ha messo in evidenza la sindaca di Torino, Chiara Appendino: “La strada tracciata da Don Bosco, seguita dai suoi successori, è fatta di impegno tra la gente e si manifesta ogni giorno come presenza viva e attiva tra coloro che più hanno bisogno di sostegno, di essere aiutati a diventare donne e uomini capaci di contribuire, con il proprio lavoro e l’impegno nel sociale, alla crescita della propria comunità.
Un percorso che invita i giovani a impiegare le proprie migliori energie in campo professionale e all’interno della società civile, così come nel servizio al prossimo”.
Antonio Labanca