Dai dati ISTAT Liguria in testa per gli incrementi dei consumi delle famiglie
Cairo M.tte. Pubblichiamo alcuni dei dati recentemente pubblicati dall’ISTAT riguardanti indicatori economici relativi alla Regione Liguria e alla Provincia di Savona relativi al 2017 e 2018.
Nel 2018 la Liguria era in testa, tra le Regioni, insieme al Lazio, per gli incrementi più significativi dei consumi delle famiglie in termini di volume: (+1,7%)”. Lo certifica l’Istat, nell’aggiornamento dei Conti Economici Territoriali. Si è passati dai 19.360 euro per abitante del 2016 ai 20.610 del 2018, cifre in linea con la media del Nord Ovest: 20.560 euro.
Un dato che si lega a un incremento del reddito disponibile per abitante, con la Liguria che nel Nord Ovest è stata seconda solo alla Valle d’Aosta, a livello di aumento percentuale: +2,7%. Per tradurlo in cifre: dai 20.785 euro per abitante del 2016 si è passati ai 22.041 del 2018.
Anche il pil per abitante è aumentato: dal 2016 al 2018 in Liguria da 30.810 euro a 32.250. Una cifra superiore alla media italiana (29.220 nel 2018), lontana dalla Lombardia (38.840), ma superiore al Piemonte (31.490).
Il tasso di crescita in volume del Pil nel 2017 era dell’1,12%, nel 2018 dello 0,79%. In quest’ultimo caso il dato è superiore alla media del Nord Ovest (+0,74%).
I dati provinciali si fermano al 2017, ma evidenziano come Genova sia ancora il traino economico della regione, soprattutto nella categoria commercio, pubblici esercizi, trasporti e comunicazioni: il valore aggiunto per abitante della provincia (cioè il valore della produzione di beni e servizi sottratto al valore dei beni e servizi intermedi consumati) è in totale di 31.400 euro, contro i 21 mila dell’imperiese, i 25 mila del savonese e i 26.800 dello spezzino.
Per il savonese la composizione di questo valore aggiunto vede: l’agricoltura vale 9,4 migliaia di euro, l’industria 4,4 migliaia di euro, le costruzioni 1,4 migliaia di euro, il commercio 6,4 migliaia di euro, i servizi finanziari, immobiliari e professionali 7,4 e gli altri servizi 5,0.
L’economia non osservata incide per il 13,5% sul valore aggiunto totale: tra rivalutazione (6,3%) e lavoro irregolare (4,6%). Il resto (attività illegale, mance, fitti in nero e integrazione domanda offerta) vale il 2,7%. In questo caso si tratta di percentuali superiori alla media del Nord Ovest, ma in piena media italiana.