Durante l’Assemblea, Anp-Cia ha espresso la sua preoccupazione per il perdurare della crisi economica, perché nella Legge di bilancio 2019 non si ravvisano scelte politiche capaci di rilanciare il Paese e far crescere l’occupazione, condizione fondamentale per rafforzare il welfare.
Questo è confermato in particolare dalla “Pensione di cittadinanza” che il Presidente Anp-Cia, Alessandro Del Carlo, considera: “un provvedimento insufficiente e inadeguato”, chiedendone una profonda revisione “affinché gli aumenti relativi alle pensioni minime (attualmente 513 Euro) possano ricomprendere la totale platea degli agricoltori (700.000 circa), che ne sarà quasi interamente esclusa a causa dei criteri anacronistici previsti: 30.000 Euro di proprietà immobiliari e 6.000 Euro di mobiliari. Inoltre non si fa distinzione fra chi ha lavorato e versato i contributi e chi non lo ha fatto. Questa potrebbe essere un’ulteriore beffa dopo l’ultima riforma, che non ha incluso l’agricoltore tra i mestieri usuranti, impedendo l’accesso all’APE Sociale e obbligando molti a lavorare la terra oltre i settant’anni, senza creare il ricambio generazionale necessario nelle campagne italiane”.
Secondo Anp-Cia, le pensioni integrate al minimo di 513 Euro devono essere adeguate al trattamento minimo previsto dalla Pensione di cittadinanza e, comunque, non inferiore al 40% del reddito medio nazionale, come previsto dalla Carta Sociale Europea. Anche per quanto riguarda i nuovi pensionati, che hanno iniziato a lavorare in agricoltura dal 1° Gennaio 1996, Anp-Cia propone di istituire una pensione base di 650 Euro, cui andrà sommata la quota maturata con i contributi versati all’Inps negli anni di lavoro. Anp-Cia non condivide, inoltre, la norma contenuta nelle Legge di bilancio 2019, che disciplina l’indicizzazione delle pensioni sopra i 1.520 Euro lordi e propone l’adozione di un paniere che tenga conto dei reali consumi degli anziani, ovvero beni alimentari, trasporti, spese sanitarie e servizi.