Acqui Terme. Non poteva mancare – nell’anno d’oro della musica 2017: con InterHarmony a offrire un luglio incredibile, e poi con tanti eccellenti concerti nelle settimane successive – il contributo delle Filarmoniche Musicali che “AcquinBanda” (anche con il supporto logistico della SOMS) ha saputo offrire nella bellissima due giorni 16 e 17 settembre.
Impossibile seguire per il cronista i tanti momenti della manifestazione (ecco il testa o croce di sabato; Brigata Apina “Valle Bormida”, o la composita Band Saudi Arabia? e abbiamo privilegiato il folklore medio orientale, che per la prima volta era possibile gustare dal vivo…). Ma proprio non potevamo mancare al più atteso momento: quello delle esibizioni nel pomeriggio di domenica 17 settembre in Piazza Bollente.
È stato un lungo e gratificante concerto. Con il Corpo Bandistico Acquese bravissimo (ma questo è da tempo lo standard) a coniugare qualità artistiche e simpatia. E, soprattutto, con i due complessi Filarmonica Rivarolese e Banda Musicale Filarmonica di Casalborgone (un centro di soli duemila abitanti…) di cui occorre assolutamente sottolineare le doti.
Ascoltando i gruppi (e i giudizi di competenti spettatori, ex musici, a pieno soddisfatti, ora assai coinvolti nell’ascolto, di cui ci siamo ripetutamente avvalsi) una sensazione comune: i complessi bandistici hanno fatto davvero, negli ultimi due decenni, un bel salto di qualità, analogo a quello dei giovani solisti, o dei cameristi, che abbiamo potuto ascoltare nelle stagioni concertistiche acquesi.
Bande come grandi orchestre (Rivarolo; e immaginiamo cosa potrebbe succedere aggiungendo gli archi), ricchi di diplomati e diplomandi, che ti presentano le musiche de Il clan dei Siciliani o la colonna di James Bond, o de Il gobbo di Notre Dame, e all’orecchio quasi pare “repertorio classico”.
O filarmoniche come “Big Band”, anche qui pronte a reinterpretare la musica leggera. Ma ciò che colpisce di Casalborgone è l’equilibrio, la pulizia, la precisione e la sincronia: incanti più incanti.
E, dopo le parole a ricordare il luogo d’incontro tra diverse generazioni (uno dei pochi) che la banda incarna, un gioioso finale che coinvolge tutti musici.
Prima con L’inno di Mameli. E poi con quello degli alpini. E una sorta di informale carosello letteralmente “trascinato” dal M° Alessandro Bardella e dal suo sax. Con la gente che, dopo le 19, mentre fresca scende la sera, faticava ad abbandonare una piazza che è stata gremita e plaudente per diverse ore.
È stato davvero un gran pomeriggio di musica.
G.Sa