Ovada. Eccoci nuovamente in prossimità di una nuova vendemmia e come ogni anno, proviamo a immaginare cosa questo 2017 ci potrà portare nei vigneti… e in cantina.
Per questo abbiamo sentito Italo Danielli, presidente zonale della Confederazione italiana agricoltori ed egli stesso produttore vitivinicolo.
“Decisamente è stato un anno…travagliato, iniziato con le gelate del mese di aprile. A seguire con forti attacchi di oidio nei primi giorni di giugno e nel periodo appena trascorso con temperature molto alte (in alcuni giorni con punte di 45°). E per finire con l’ormai consueta, cronica carenza di precipitazioni.
Questo quadro decisamente colloca l’annata 2017 come un annata difficile. Ne sentiremo le conseguenze soprattutto sotto l’aspetto della quantità delle uve. Mediamente, escludendo le porzioni di vigneto colpite intensamente dalle gelate, ci aspettiamo una produzione inferiore alla media di 15/20%.
Adesso, nell’ultimo periodo che ci separa dall’inizio della vendemmia, alcuni fattori possono contribuire in modo importante alla buona maturazione delle uve.
Personalmente auspico un abbassamento delle temperature diurne ed ancora più accentuato nelle notti. Questo, in mancanza di piogge che nelle ultime annate sono diventate un miraggio, consentirebbe comunque alla tenacissima vite di portare ad una maturazione equilibrata l’ uva, con il giusto mix di gradazione alcolica, acidità e profumi. E consentendoci di avere comunque un buon prodotto.
Il verificarsi di queste condizioni ci permetterebbero di posticipare l’inizio della vendemmia, che sarà comunque anticipata, rispetto alla media degli ultimi anni, di 7/10 giorni.
Per le uve che raccoglieremo sarà anche molto importante seguire con grande attenzione le fasi della fermentazione in cantina, soprattutto viste le temperature che troveremo in fase di vendemmia.
Il rammarico grande però non è per queste calamità, le nostre produzioni sono sotto il cielo… Il nostro problema è legato a quelle che non bisogna rassegnarsi a considerare calamità naturali ma problemi risolvibili. Mi riferisco al perdurare del problema degli ungulati, sempre in numero maggiore, che sistematicamente distruggono parte del raccolto, sempre con danno maggiore nonostante tutti i tentativi che noi produttori cerchiamo di mettere in atto autonomamente per difenderci, viste le ormai decennali inefficaci e inconcludenti misure di chi ha il potere e/o il dovere di tutelare la “razza” più a rischio, gli agricoltori professionali.
Questa situazione, in alcune aree, è diventata il primo motivo di abbandono della viticoltura, con buona pace della tutela del paesaggio, della salvaguardia del territorio e dell’economia rurale con le sue eccellenze come possibile volano per l’economia del territorio.
Tutti temi ormai sbandierati in ogni contesto da chiunque.”